Con l’entrata in vigore delle nuova sanzioni americane nei confronti dei due gasdotti Nord Stream 2 e TurkStream di Gazprom, Allseas – il contractor svizzero che sta effettuando, per conto di Gazprom, la posa delle condotte nel Mar Baltico, già ultimata al 90% – ha comunicato di aver immediatamente sospeso ogni attività di costruzione della pipeline.
Le misure restrittive sono state inserite dai parlamentari americani in un ‘defence bill’ (una legge relativa alla difesa) promulgata dal presidente Donald Trump la scorsa settimana, e sono diventate quindi efficaci: nel mirino di Washington ci sono tutte le navi che hanno svolto attività di posa delle tubazioni sotto il livello del mare nonché le persone fisiche a vario titolo coinvolte nel noleggio e nella gestione operativa di questi mezzi speciali. I rischi riguardano il congelamento dei beni detenuti negli USA, il ritiro del visto e l’impossibilità di svolgere transazioni in dollari.
Netto il giudizio espresso dal governo tedesco (la Germania è il primo sostenitore, nonché il principale beneficiario, del Nord Stream 2), che ha parlato a più riprese di “inaccettabili ingerenze esterne nella politica energetica europea”, così come immediata è stata la risposta di Mosca, che ha assicurato la volontà di completare ugualmente la posa della pipeline (mancano circa 90 Km, in acque territoriali danesi) e l’intenzione di rispondere alle sanzioni americane con misure di analogo tenore.
Il problema, per Gazprom, sarà ora quello di trovare altre navi posatubi adatte a completare l’incarico (e non sono molte) appartenenti a società che non abbiano timore di incorrere nelle sanzioni USA.