Il crollo dei consumi a livello globale, conseguenza diretta della pandemia di coronavirus, e il taglio della produzione di greggio deciso in sede di OPEC + per arginare il crollo del prezzo del barile, hanno pesato sui conti di Transneft.
Il gruppo pubblico russo, che gestisce in regime di monopolio la rete di oleodotti del Paese, ha infatti chiuso il 2020 con un profitto netto pari a 133,2 miliardi di rubli, ovvero 1,8 miliardi di dollari, in calo del 26% rispetto al dato dell’anno precedente. Anche i ricavi totali, nello stesso periodo, sono scesi del 10% da 1.060 a 962,4 miliardi di rubli.
Transneft movimenta attraverso le sue pipeline oltre il 90% di tutto il petrolio prodotto in Russia, che lo scorso anno – in conseguenza della decisione dell’OPEC+, di cui fa parte – ha tagliato il suo output per la prima volta dal 2008, scendendo al più basso livello annuale mai raggiunto dal 2011.
E anche per quest’anno, il gruppo non prevede una ripresa nei volumi, che anzi potrebbero leggermente calare rispetto al 2020: 439,1 milioni di tonnellate (8,78 milioni di barili al giorno) contro 442,2 milioni di tonnellate.
Transneft però, in una recente presentazione (riportata dalla Reuters), ha confermato i suoi obbiettivi di crescita, che verranno supportati per l’anno in corso da un nuovo incremento della capital expenditure annuale, che nel 2021 sarà pari e 232 miliardi di rubli, rispetto ai 199 miliardi di rubli investiti nel corso del 2020.