A causa del nuovo pacchetto di sanzioni imposte da Washington, il colosso petrolifero russo Lukoil ha annunciato che venderà i propri asset esteri. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di spingere la Russia a negoziare un cessate il fuoco in Ucraina, congelare gli asset delle compagnie petrolifere russe negli Stati Uniti e di vietare a tutte le aziende americane di intrattenere rapporti commerciali con le due società.
Nonostante le smentite da parte di Mosca le prime conseguenze si stanno già manifestando. Cina e India – tra i maggiori acquirenti del greggio russo – vogliono rispettivamente sospendere e diminuire le importazioni mentre in Romania Lukoil venderà la sua raffineria Petrotel di Ploiești, quest’ultima in scadenza da novembre.
Si tratta di una delle più grandi raffinerie della Romania, con una capacità produttiva di circa 2,4 milioni di tonnellate annue. Questi impianti però, sono considerati obsoleti e richiederebbero investimenti significativi per l’ammodernamento. Se non si riuscisse a vendere, potrebbero verificarsi disagi nella distribuzione del carburante e rischi legati alle sanzioni.
La prima offerta d’acquisto
Lukoil, che insieme a Rosneft rappresenta il 55% della produzione petrolifera russa, avrebbe già avviato l’esame delle prime proposte di acquisizione.
La prima arriva da Gunvor Group Ltd., interessata all’acquisto di LUKOIL International GmbH, società interamente controllata da PJSC “LUKOIL”. I termini dell’operazione sono già stati definiti tra le parti, e PJSC “LUKOIL” ha formalmente accettato l’offerta, impegnandosi a non avviare trattative con altri potenziali acquirenti.
Con sede a Ginevra, Gunvor Group Ltd. è una società multinazionale di trading di materie prime energetiche registrata a Cipro.
Il futuro di Lukoil in Kazakistan
Ore decisive per le autorità kazake, chiamate a stabilire come gestire la dismissione degli asset di Lukoil, partner strategico nei giacimenti di Tengiz e Karachaganak e nel Caspian Pipeline Consortium, che convoglia il greggio kazako verso il porto russo di Novorossiisk.

“Le sanzioni sono allo studio e il loro impatto sulle aziende e sull’economia deve ancora essere pienamente valutato. Penso che prenderemo (una decisione) nel prossimo futuro, entro la fine di questa settimana“, ha commentato il presidente del fondo sovrano, Samruk Kazyna.
Allarme anche in Italia
Nel 2023 Lukoil aveva portato a termine la sua più importante vendita di asset all’estero dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, cedendo la raffineria italiana ISAB di Priolo, in provincia di Siracusa, a G.O.I. Energy Limited, una società cipriota sostenuta dal trader di materie prime Trafigura.
L’operazione, considerata strategica per garantire la continuità produttiva dell’impianto italiano, ha segnato un passaggio cruciale nella riorganizzazione degli asset internazionali del gruppo russo.
Tuttavia, la stabilità dell’operazione è stata recentemente messa in discussione dalla decisione del Tribunale di Milano, che ha disposto il pignoramento delle quote detenute da GOI Energy. Il provvedimento è legato a un credito di circa 150 milioni di euro vantato da Litasco, società svizzera di trading riconducibile a Lukoil, e riguarda il mancato pagamento di parte del prezzo di acquisizione.
In risposta, GOI Energy ha chiarito che il pignoramento è circoscritto a una controversia finanziaria tra soci e non compromette né la gestione né la piena operatività della raffineria. Le attività di raffinazione, le forniture di greggio e le esportazioni di prodotti finiti proseguono regolarmente, con l’azienda che ribadisce il proprio impegno verso la sicurezza dei lavoratori e il rispetto degli obblighi contrattuali.
A rendere il quadro ancora più complesso è la recente decisione di Lukoil di avviare la vendita dei propri asset internazionali, in risposta alle sanzioni imposte da Stati Uniti e Regno Unito. Sebbene il gruppo abbia assicurato che le procedure di cessione saranno condotte nel rispetto delle licenze OFAC, la sovrapposizione tra il contenzioso legale, il pignoramento delle quote e le prospettive di ulteriori dismissioni apre scenari inediti per ISAB.
Attacchi in profondità
Nella notte tra il 28 e il 29 ottobre, le unità Deep Strike ucraine hanno colpito in profondità alcune infrastrutture petrolifere e del gas russe tra cui:
- La raffineria NS-Oil, situata nella comunità di Novospasskoye, nell’oblast’ di Ul’janovsk,
- La raffineria di Mari, nella Repubblica di Mari El;
- L’impianto di trattamento del gas di Budennovsk, nel territorio di Stavropol Krai (North Caucasus)
L’impianto di trattamento del gas di Budennovsk, in particolare, ha una capacità di 2,2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Fornisce gas alla centrale termoelettrica di Budennovsk e alle società controllate nell’oblast dal gigante energetico russo Lukoil.

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