Il colosso petrolifero statale dell’Arabia Saudita, Saudi Aramco, sarebbe in trattative ormai avanzate per cedere, ad una cifra compresa tra i 10 e i 15 miliardi di dollari, il 49% del suo business relativo alla gestione degli oleodotti. In pole-position per rivelare la metà dell’ingente ‘patrimonio’ di pipeline del Paese arabo ci sarebbe un consorzio costituito principalmente da investitori americani e cinesi.
A riportarlo, tra gli altri, è l’Wall Street Journal, secondo cui della cordata farebbero parte i fondi d’investimento americani Apollo Global Management e EIG Global Energy Partners (doveva esserci anche il ‘colosso’ finanziario BalckRock, ma secondo la Reuters si sarebbe sfilato all’ultimo minuto), i fondi infrastrutturali cinesi Silk Road Fund e China Reform Fund Management, un fondo di private equity privato anch’esso cinese e alcuni fondi pensione sauditi.
Questo maxi-deal – secondo l’Wall Street Journal – sarebbe stato impensabile fino a pochi anni fa, alla luce della ‘gelosia’ con cui il Governo di Riad custodiva i propri asset petroliferi, considerati strategici per la sicurezza della nazione. Un atteggiamento radicalmente mutato con l’avvento al potere del Principe Mohammed bin Salman, convinto della necessità di aprire il regno ai capitali stranieri e tra i promotori dell’IPO della stessa Saudi Aramco.
Secondo le fonti riservate sentite dal quotidiano finanziario americano, il soggetto prescelto a valle della procedura costituirà con Aramco una joint-venture 51-49 (soluzione che consente a Riad di mantenere il controllo anche operativo), cui lo stesso gruppo petrolifero affiderà poi l’incarico di trasportare il petrolio all’interno del network nazionale di pipeline.