Il Parlamento della Giordania, sabato scorso, ha approvato un disegno di legge che – se entrasse in vigore – proibirebbe al Paese mediorientale di importare gas naturale da Israele, bloccando un accordo di fornitura di lungo termine entrato in vigore all’inizio dell’anno.
A riferirlo è il network di news arabo Al Jazeera, secondo cui comunque il provvedimento non avrebbe grandi possibilità di diventare esecutivo, perché ci sono una serie di ostacoli legali e anche perché il via libera definitivo spetta al Governo, che in passato ha già pubblicamente ribadito la necessità, e l’utilità per il Paese, del gas di proveniente israeliana.
Il deal in questione risale al 2016, quando l’azienda di Stato giordana Jordanian National Electric Power Company aveva firmato, con un consorzio israelo-statunitense, guidato dalla texana Noble Energy, un contratto di fornitura della durata di 15 anni, per un controvalore di 10 miliardi di dollari, per rifornire le centrali elettriche del Paese.
L’entrata in vigore di questo accordo è scattata a gennaio 2020, scatenando il malcontento di una parte della popolazione culminato con una serie di proteste di piazza in cui i manifestanti scandivano slogan contro “il gas del nemico”.
La Giordania, sullo scacchiere internazionale, è un alleato degli Stati Uniti e ha in vigore un trattato di pace con Israele, ma molti cittadini giordani sono discendenti di profughi palestinesi scappati dalla loro terre dopo la proclamazione dello Stato ebraico, e quindi il sentimento popolare diffuso è spesso negativo rispetto al ‘vicino di casa’.
Un’inclinazione raccolta dai 130 parlamentari di Amman, che sabato scorso hanno votato all’unanimità il disegno di legge che vieterebbe l’import di gas israeliano, un risorsa che tuttavia l’esecutivo locale (che ha l’ultima parola) ritiene indispensabile per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre anche di ben 500 milioni di dollari all’anno il peso della ‘bolletta’ energetica nazionale.