Con la mobilità quasi azzerata a causa delle misure di lockdown attuate in molti Paesi del mondo per fronteggiare l’emergenza coronavirus, è crollata la domanda di prodotti petroliferi imponendo alle raffinerie europee di rallentare il ritmo e quindi di ridurre l’import di greggio.
Un effetto che, a catena, sta iniziando a riverberarsi anche sui terminal portuali specializzati nelle rinfuse liquide, spesso collegati tramite pipeline agli impianti di raffinazione. E quelli italiani non fanno eccezione.
E’ già ben avvertibile la contrazione dei traffici al terminal SIOT di Trieste, parte del gruppo TAL e direttamente collegato all’Oleodotto Transalpino, infrastruttura energetica che serve i mercati dell’Europa centrale.
In base ai dati forniti dalla stessa società giuliana, i traffici si sono confermati in buona salute a gennaio, quando gli scarichi totali di greggio sono ammontati a quota 3,85 milioni di tonnellate, rispetto ai 3,03 milioni di tonnellate di gennaio 2019. Una prima flessione però si è verificata già a febbraio, con volumi in calo su base annua da 3,31 a 3,05 milioni di tonnellate. Tendenza che si è poi nettamente accentuata a marzo, quando gli sbarchi di greggio si sono fermati a 2,58 milioni di tonnellate, quasi un milione di tonnellate in meno rispetto al dato di marzo 2019 (3,41 milioni di tonnellate).
Discorso analogo, anche se leggermente differito nel tempo, per il Porto Petroli di Genova: il terminal, che è collegato via condotta alla raffineria Iplom di Busalla e all’impianto Eni di Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia), a febbraio e marzo non ha registrato cali nelle movimentazioni di greggio, ma la ‘musica’ è decisamente cambiata ad aprile, durante il quale la società terminalistica si attende una contrazione del 50%. Stesso calo che viene ipotizzato anche per maggio.
Anche se la durata di questa dinamica è di difficile valutazione, poiché molto dipenderà dall’evoluzione dell’epidemia e quindi delle conseguenti misure di contenimento, Porto Petroli stima una contrazione dei traffici di greggio su base annua nell’ordine di almeno il 10-20%.