La costruzione, iniziata la scorsa primavera, dell’oleodotto Keyline XL, che trasporterà shale oil canadese dalla città di Hardist, nello stato dell’Alberta, fino a Steele City, in Nebraska, potrà continuare. Almeno per il momento.
Lo ha stabilito il giudice distrettuale Judge Brian lo scorso 16 luglio, respingendo i ricorsi presentati da diverse tribù di nativi americani del Montana e del Sud Dakota, che già dal 2019 – quanto il Presidente americano Donald Trump aveva concesso il via libera definitivo all’opera (capovolgendo la decisione del suo predecessore Barak Obama che invece aveva negato i permessi) – si opponevano alla costruzione di questa pipeline, ritenendo che il suo passaggio nei rispettivi territori di appartenenza avrebbe violato i trattati sui diritti dei nativi firmati nel corso del diciannovesimo secolo.
Una tesi rigettata dal giudice che ha esaminato i ricorsi, secondo cui i nativi non hanno dimostrato in che modo effettivamente la costruzione dell’oleodotto creerebbe loro un danno irreparabile.
La decisione di questi gironi tuttavia non lascia la strada spianata alla realizzazione della Keyline XL, che in base al progetto della società promotrice TC Energy sarà lunga 1.900 chilometri, conterrà 12 stazioni di pompaggio e richiederà un investimento complessivo di 9 miliardi di dollari.
I lavori sono partiti e stanno impegnando circa 1.000 persone, ma lo scorso luglio – riporta le Reuters – la Corte Suprema ha confermato una sentenza di un Tribunale ordinario che revocava al progetto una serie di permesse relativi all’attraversamento di corsi d’acqua.
La possibilità di completare l’opera, da parte di TC Energy, per il momento resta quindi ancora sub-iudice.