Si prevedono ulteriori ritardi per il completamento del gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India), nuova pipeline in fase di realizzazione, lunga complessivamente oltre 1.800 chilometri e dal costo totale di oltre 8 miliardi di dollari, che ha come supervisore tecnico – relativamente al solo tratto turkmeno – il gruppo italiano RINA.
I problemi sarebbero – secondo quanto riferito dalla stampa locale – in Afghanistan, Paese tra i promotori dell’opera e sul cui territorio (nelle province di Herat, Farah, Nimroz, Helmand e Kandahar) correranno 816 Km di condotta, la cui destinazione finale è la città indiana di Fazilka, al confine col Pakistan.
A causare ulteriori ritardi, stimati in almeno sei mesi aggiuntivi, sarebbero questioni relative all’acquisizione di alcuni terreni su cui deve passare la pipeline: per procedere è necessario che il parlamento afgano approvi un’apposita legge, ma al momento i deputati sono impegnati su altri provvedimenti, e servirà almeno un semestre per sbloccare la situazione.
In base ai primi accordi sul progetto del TAPI, siglati dalla parti coinvolte nel 2015, i lavori per la costruzione del gasdotto sarebbero dovuti iniziare nel 2017, ma poi una serie di problemi ne hanno posticipato la data di avvio.
L’infrastruttura è però strategica per tutti i Paesi toccati dal tracciato, e in particolar modo per l’Afghanistan, che conta di ricavare 400 milioni di dollari all’anno in tariffe di transito e che, tramite il TAPI, potrà assicurarsi forniture di gas sicure e costanti: 500 milioni di metri cubi all’anno nei primi 10 anni di attività della pipeline, 1 miliardi di metri cubi annui nel decennio successivo e 1,5 miliardi di metri cubi all’anno nel terzo decennio di operatività della condotta.